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Anche se il fegato non è l’organo più colpito da COVID-19 ci sono importanti considerazioni da fare sul fegato ed il suo coinvolgimento nella patologia causata da SARS-CoV-2. Di conseguenza nascono alcune considerazioni sulla gestione clinica ambulatoriale ed ospedaliera di pazienti senza o con patologie epatiche preesistenti:

Il fegato ed il suo coinvolgimento nella patologia causata da SARS-CoV-2

SARS CoV-2 si lega anche al recettore ACE2 espresso in vari tessuti e anche nel fegato lo troviamo soprattutto nei colangiociti, epatociti e sulle cellule endoteliali.

Gli elementi principali della patogenesi sono illustrati nello schema seguente:

Nardo AD, Schneeweiss-Gleixner M, Bakali M, Dixon DD, Lax SF e Trauner M Pathophysiological mechanisms of liver injury in COVID-19; Liver Int 2020; 00:1-13

Nei pazienti COVID-19 abbiamo un’alta incidenza fino a 50% di aumento dei test epatici ASAT/ALAT > bilirubina, in particolare nei casi severi di malattia. La diminuzione del valore di albumina sierica è un marker sierologico di gravità della malattia.

Nella biopsia epatica di pazienti COVID-19 troviamo in particolar modo una steatosi moderata micro-vescicolare associata ad una lieve attività flogistica lobulare/portale fino ad una necrosi focale.

L’ipotesi è quella di un danno diretto citopatico del virus che causa una disfunzione mitocondriale o un danno al livello del reticolo-endoteliale. Altri fattori come un danno da farmaci, una endotelite con formazione di trombi ed alterazione della microcircolazione, un danno ipossico possono altrettanto contribuire come anche la forte infiammazione sistemica che caratterizza la seconda fase della malattia COVID-19 (tempesta di citochine).

 


LA PAROLA ALL'ESPERTO

Dr.ssa med. Manuela Balmelli
Medico accreditato, Epatocentro Ticino
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Come seguire un paziente con malattia epatica durante il periodo COVID-19

Istruzione sui rischi e misure di prevenzione di un contagio coinvolgendo se possibile la famiglia.

Non omettere controlli necessari come, per esempio, la gastroscopia annuale nel cirrotico con ipertensione portale o l’ecografia semestrale di depistaggio HCC.

Assicurare la vaccinazione antinfluenzale e anti-streptococcus pneumoniae.

Garantire reperibilità 24-ore in caso di sospetto contagio ed esecuzione tempestiva di un tampone.

Un paziente infetto con SARS-CoV-2 senza patologia epatica preesistente conosciuta presenta una alterazione dei parametri epatici, alcune considerazioni:

Movimenti dei test epatici, di regola ASAT e ALAT sono frequenti e non sono preoccupanti. E’ comunque importante chiarire l’anamnesi ed escludere una soggiacente patologia preesistente ancora sconosciuta e rivalutare la terapia farmacologica. È ben noto che i pazienti con cirrosi CHILD-A possono aver test epatici ancora normali in presenza di riserve epatiche molto ridotte.

Nella fase ambulatoriale vanno limitate le visite negli studi medici ed in funzione del decorso clinico che è determinato nella maggior parte dei casi dalla patologia polmonare vanno anche controllate i test epatici unitamente all’emogramma, PCR, e D-Dimeri. Di regola il coinvolgimento del fegato segue quello del polmone e in casi in cui abbiamo un forte sospetto di una malattia epatica clinicamente significativa (ALT o AST >500U/l, ittero, scompenso emodinamico) va considerato il ricovero.

In generale si eseguono unicamente delle procedure diagnostiche veramente necessarie, ad esempio biopsia epatica in caso di sospetto di rigetto epatico acuto, paracentesi, TIPS, EGDS in caso di sospetto di sanguinamento di varici esofagee, procedure biliari.

Un paziente COVID-19 con nota patologia epatica preesistente conosciuta viene diagnosticato SARS-CoV-2 positivo, come comportarsi:

  1.  Paziente con cirrosi: sono pazienti a maggior rischio di aver un decorso complicato anche in funzione dell’età e di comorbidità extraepatiche. Il paziente va seguito con massima attenzione durante la fase d’isolamento con consultazione telefoniche monitorandolo dal profilo COVID-19 per segni di compromissione dei polmoni ma anche dal profilo epatico per segni di scompenso ascitico (peso? circonferenza addominale? sanguinamento e colore delle feci?), segni di encefalopatia (tremore, insonnia, confusione?) o infezione (febbre, brividi?). In caso di bisogno vanno organizzate visite e prelievi a domicilio. Appeno passata la fase acuta bisogna riprendere le visite e controlli abituali. Vanno date indicazioni chiare su quali farmaci possono essere presi, in che dosaggi e con quale frequenza (paracetamolo massimo 3g in 24ore, attenzione ad AINS che favoriscono scompensi ascitici e sanguinamenti, ad oppiacei che favoriscono l’encefalopatia epatica).
  2. Paziente con epatopatia cronica non-cirrotico: di regola una patologia virale, autoimmune o metabolica non rappresenta un importante fattore di rischio di mortalità per COVID-19. Il rischio individuale varia in funzione della tipo di patologia e co-patologia. Tanto in questo ambito è ancora sconosciuto. Importante non interrompere o cambiare le terapie specifiche come quelli antivirali o immuno-suppressive.
  3. Paziente trapiantato di fegato: sono pazienti a maggior rischio di aver un decorso complicato anche in funzione dell’età e di co-morbidità extraepatiche. Il paziente va seguito con massima attenzione durante la fase d’isolamento con consultazioni telefoniche monitorandolo dal profilo COVID-19 per segni di compromissione dei polmoni. In caso di bisogno vanno organizzate visite e prelievi a domicilio. Vanno date indicazioni chiare su quali farmaci possono essere presi tenendo conto di eventuali interazioni con la terapia in corso (antirigetto). Appeno passata la fase acuta bisogna riprendere le visite e controlli abituali. Non sappiamo ancora se la terapia antirigetto prolunga l’infettività di una paziente trapiantato.

Conclusioni

  • Il fegato fa parte degli organi coinvolti nella patogenesi della malattia COVID-19.
  • Un’informazione individualizzata sulle misure di prevenzione del contagio e la vaccinazione contro influenza e streptococcus pneumoniae sono importanti come anche la disponibilità 24 ore su 7 giorni.
  • Un attento monitoraggio anche a distanza è importante per poter riconoscere tempestivamente un decorso sfavorevole e procedere all’ospedalizzazione
  • Controlli necessari per i nostri pazienti non vanno posticipati evitando così danni di omissioni come avvenuto durante la prima ondata.

FOCUS

Il fegato grasso aumenta la vulnerabilità al COVID-19 nelle persone obese
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