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L’epatite autoimmune (AIH) è una rara malattia infiammatoria del fegato caratterizzata biochimicamente da un aumento delle transaminasi, sierologicamente dalla presenza di autoanticorpi circolanti ed alti livelli di immunglobuline G (IgG) e istologicalmente da un denso infiltrato infiammatorio negli spazi portali che invade il parenchima circostante causando la necrosi degli epatociti (epatite ad interfaccia) [1]. Colpisce tutte le età, compresi i bambini piccoli, ed ha una prevalenza femminile, con tre quarti dei pazienti che sono femmine. La prognosi in assenza di terapia è molto grave, con una sopravvivenza a 5 anni del 50% e a 10 anni del 10%.

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Esistono due tipi di AIH, che si distinguono sulla base degli autoanticorpi circolanti. I pazienti con AIH di tipo 1 (AIH-1) hanno autoanticorpi contro la muscolatura liscia (smooth muscle antibodies, SMA) e/o contro il nucleo (antinuclear antibodies, ANA), mentre nella AIH di tipo 2 (AIH-2) si trovano anticorpi contro i microsomi di fegato e rene (anti-liver kidney microsomal di tipo 1, anti-LKM1) e/o contro il citosolo epatico (anti-liver cytosol type 1, anti-LC1).

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L’AIH-1 è di gran lunga più frequente e colpisce sia adulti che bambini, mentre l’AIH-2 è una malattia molto rara e tipicamente pediatrica/giovanile. Le IgG sono generalmente elevate alla diagnosi, ma sono invece normali nel 15-25% di pazienti, soprattutto se la malattia si presenta in modo acuto. 

[1]       G. Mieli-Vergani, D. Vergani, A.J. Czaja, M.P. Manns, E.L. Krawitt, J.M. Vierling, A.W. Lohse, A.J. Montano-Loza, Autoimmune hepatitis, Nat. Rev. Dis. Primer. 4 (2018) 18017. https://doi.org/10.1038/nrdp.2018.17.


LA PAROLA ALL’ESPERTO

PD Dr.ssa med. Benedetta Terziroli Beretta-Piccoli

Medico accreditato, Epatocentro Ticino
Medico consulente di epatologia, Ospedale regionale di Locarno, reparto di medicina interna
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Quali sono i sintomi?

L’AIH dovrebbe essere sospettata ed esclusa in ogni paziente con sintomi e/o segni di malattia epatica non attribuibili ad altre cause. La presentazione della malattia è estremamente eterogenea: la maggioranza degli adulti si presenta con sintomatologia aspecifica e lieve, come stanchezza, artralgie, amenorrea, perdita di peso o dolori addominali. Un’epatite acuta caratterizzata da ittero, malessere, nausea/vomito e/o dolori articolari, simile pertanto ad un’epatite virale acuta, è la presentazione iniziale in un terzo dei casi. Raramente, l’AIH si manifesta nel paziente adulto con insufficienza epatica fulminante (encefalopatia epatica di grado II – IV che si sviluppa tra 2 settimane e 2 mesi dopo l’inizio dei sintomi) oppure con complicanze dell’ipertensione portale quali ascite o emorragia da varici esofagee [1]. 

Occorre sapere che il decorso spontaneo (senza terapia) della AIH può essere fluttuante, con riacutizzazioni e remissioni, un comportamento che può pericolosamente portare ad un ritardo diagnostico e terapeutico. Un terzo dei pazienti ha già una cirrosi al momento della diagnosi, che solitamente regredisce con la terapia [2]. 

Perché insorge l’epatite autoimmune?

L’eziologia dell’epatite autoimmune è sconosciuta. Sono invece ben definiti alcuni fattori di rischio, genetici e ambientali. 

La predisposizione genetica all’autoimmunità in generale è testimoniata dal fatto che il 20% dei pazienti con AIH ha una concomitante malattia autoimmune extraepatica, e che il 40% dei pazienti ha una famigliarità positiva per malattie autoimmuni. 

La predisposizione genetica è associata soprattutto a geni localizzati nella regione dello ‘human leukocyte antigen’ (HLA) che codificano per delle proteine coinvolte nella presentazione di peptidi antigenici ai linfociti T e all’iniziazione delle risposte immunitarie adattative. L’associazione più forte è con il locus HLA-DRB1. Nelle popolazioni Europee e Nord Americane, la suscettibilità a AIH-1 è conferita dagli alleli che codificano le molecole HLA-DR3 (DRB1*0301) e DR4 (DRB1*0401).

La predisposizione genetica a AIH-2 è in parte differente, essendo stata collegata ad alleli che codificano DRB1*0701, oltre a quelli DRB1*0301. E’ interessante notare che il DRB1*0401 protegge dall’AIH giovanile.

Oltre alla predisposizione genetica, sono stati descritti fattori di rischio ambientali quali esposizione a virus (in particolare epatite C), e a farmaci quali la nitrofurantoina, la minociclina, le statine, anti-TNF a e rimedi fitoterapici. L’AIH scatenata da farmaci spesso ha un decorso differente rispetto all’AIH classica, poiché la terapia immunosoppressiva può spesso venire interrotta senza che il paziente vada incontro a delle recidive [3]. Un’anamnesi farmacologica dettagliata è pertanto essenziale nei pazienti con un sospetto di AIH, e deve includere l’uso di fitoterapici. 

Come viene diagnosticata l’epatite autoimmune?

La diagnosi si basa su una combinazione di indicatori clinici, biochimici (aumento delle transaminasi), immunologici (aumento delle IgG e positività per autoanticorpi) ed istologici, in quanto non esiste un test diagnostico unico. E’ essenziale esludere altre cause di malattia di fegato che possono avere caratteristiche in comune con AIH sia a livello clinico che sierologico che istologico, come per esempio le epatiti virali B, C ed E, il morbo di Wilson, la malattia da fegato grasso e il danno epatico da farmaci.

Istologia – La biopsia epatica è indispensabile per una diagnosi corretta. Il quadro istologico tipico comprende un denso infiltrato mononucleare e plasmacellulare negli spazi portali, che entra nel lobulo epatico includendo gli epatociti situati alla sua periferia (epatite dell’interfaccia). 

Le plasmacellule sono di solito presenti in abbondanza all’interfaccia fra il campo portale e il lobulo e nel lobulo stesso, ma una loro presenza in basso numero non esclude la diagnosi di AIH. Quando l’AIH si presenta acutamente o ricade, spesso si osserva una epatite panlobulare con collasso del tessuto connettivo dovuto alla necrosi degli epatociti, che si estende dagli spazi portali all’interno del lobulo. La biopsia epatica permette inoltre di valutare il grado di fibrosi epatica ed aiuta ad identificare possibili malattie da overlap con la colangite biliare primitiva o la colangite sclerosante primitiva o la presenza di epatopatie concomitanti, come la malattia da fegato grasso, che è estremamente frequente nelle popolazioni occidentali.

Autoanticorpi – La positività di autoanticorpi circolanti è un criterio diagnostico essenziale della AIH: il 95% dei pazienti ha almeno uno degli autoanticorpi tipici della malattia, a condizione che siano stati testati tutti e in accordo con le raccomandazioni pubblicate nel 2004 dal International Autoimmune Hepatitis Group (IAIHG) [4]. ANA, SMA, anti-LKM-1 e anti-LC-1 dovrebbero essere testati con immunofluorescenza indiretta che è una tecnica basata sull’osservazione al microscopio ed è pertanto non standardizzata e dipendente dall’osservatore: questo spiega le differenze fra diversi laboratori frequentemente incontrate nella pratica clinica.

E’ importante notare che la positività degli autoanticorpi da sola non è sufficiente per la diagnosi di AIH, dato che gli stessi autoanticorpi, di solito a basso titolo, possono essere presenti in altre malattie di fegato, di altri organi o sistemiche. In particolare, gli ANA, ANCA e SMA possono essere positivi anche in patologie autoimmuni extraepatiche quali ad esempio il Lupus erythematosus, le vasculiti o la celiachia, rispettivamente. Il solo autoanticorpo specifico per AIH è l’anti-soluble liver antigen (anti-SLA), che si trova però solo in circa il 20% dei pazienti con AIH, sia di tipo 1 che di tipo 2.

Quale è la terapia standard dell’epatite autoimmune?

Poiché l’AIH non trattata progredisce verso la cirrosi, la terapia va iniziata al più presto e ha lo scopo di spegnere l’infiammazione epatica evitando l’evoluzione fibrotica e di migliorare i sintomi clinici. La remissione biochimica nei pazienti adulti è definita come la normalizzazione delle transaminasi e delle IgG, mentre per i bambini si richiede in aggiunta la negativizzazione degli autoanticorpi circolanti [1]. La remissione biochimica correla con l’assenza di attività infiammatoria a livello istologico. La terapia si basa sui corticosteroidi sistemici, con o senza l’aggiunta di azatioprina, ed è altamente efficace, ma ~80% dei pazienti lo deve continuare per tutta la vita, con il rischio di effetti collaterali. Occorre pertanto monitorare accuratamente i pazienti sul lungo periodo, in modo da trovare sempre la dose minima dei farmaci necessaria per mantenere la malattia sotto controllo e da prevenire, individuare e trattare gli effetti collaterali. La AIH è molto sensibile agli steroidi, e una dose molto bassa (2.5-5 mg/die) può essere sufficiente a controllarla. E’ essenziale spiegare molto bene ai pazienti l’importanza della terapia e la pericolosità di una sospensione dei farmaci. Un tentativo di sospensione completa della terapia è solitamente fatto dopo almeno 3 anni e solo se alla biopsia epatica non si trova più attività infiammatoria.

I pazienti che non vanno in remissione, sia perché non rispondono sufficientemente alla terapia immunosoppressiva sia perchè non la tollerano, vanno incontro ad una progressione del danno epatico e dunque potenzialmente al trapianto di fegato. Farmaci alternativi sono usati in questi casi in centri specializzati, ma nessuno di questi farmaci è stato ufficialmente approvato per la terapia dell’AIH.

REFERENZE UTILI

[1]       G. Mieli-Vergani, D. Vergani, A.J. Czaja, M.P. Manns, E.L. Krawitt, J.M. Vierling, A.W. Lohse, A.J. Montano-Loza, Autoimmune hepatitis, Nat. Rev. Dis. Primer. 4 (2018) 18017. https://doi.org/10.1038/nrdp.2018.17.

[2]       A. Di Giorgio, N. Hadzic, A. Dhawan, M. Deheragoda, M.A. Heneghan, D. Vergani, G. Mieli-Vergani, M. Samyn, Seamless Management of Juvenile Autoimmune Liver Disease: Long-Term Medical and Social Outcome, J. Pediatr. 218 (2020) 121-129.e3. https://doi.org/10.1016/j.jpeds.2019.11.028.

[3]       European Association for the Study of the Liver, EASL Clinical Practice Guidelines: Autoimmune hepatitis, J. Hepatol. 63 (2015) 971–1004. https://doi.org/10.1016/j.jhep.2015.06.030.

[4]       D. Vergani, F. Alvarez, F.B. Bianchi, E.L.R. Cançado, I.R. Mackay, M.P. Manns, M. Nishioka, E. Penner, International Autoimmune Hepatitis Group, Liver autoimmune serology: a consensus statement from the committee for autoimmune serology of the International Autoimmune Hepatitis Group, J. Hepatol. 41 (2004) 677–683. https://doi.org/10.1016/j.jhep.2004.08.002.


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